Perchè

"Quando possiamo dire che un gruppo è comunità?

Quando è caratterizzato da alcuni tratti fondamentali:
condivisione, capacità di mettere in comune tempo, esperienze, idee;
cooperazione, capacità di operare insieme per uno scopo comune;
valorizzazione delle diverse soggettività;
 solidarietà, capacità di confortare, aiutare, sostenere il compagno in difficoltà.
Una classe-comunità rappresenta un naturale anticorpo nei confronti
 di comportamenti di prepotenza e di prevaricazione.
Chi scopre di appartenere a una comunità accetta più volentieri di rispettare le regole perché ne riconosce il valore e la funzione di tutela di una positiva convivenza."

 

“Un gruppo è sempre qualcosa di più e di diverso della semplice somma dei suoi membri. È un soggetto nuovo, un organismo vivente che esprime un potenziale espressivo e generativo che nasce dall’unione e dalla complementarietà,
ma soprattutto dalla interazione che c’è tra i diversi componenti.
Un gruppo, per stare insieme, ha bisogno di un collante, di un “fattore di coesione”
che lo tenga unito, superando le spinte centrifughe che rischiano continuamente di disgregarlo. Nella famiglia il fattore di coesione è abitualmente l’amore, l’affetto reciproco.  Ma cosa accade quando delle persone si trovano a “fare gruppo” senza essersi scelte? In questo caso il fattore di coesione è un elemento esterno alla persona. Non è un sentimento, un ideale o una ideologia, è un’attività: il lavoro,
lo studio.

Ma è sufficiente questo fattore per costruire un gruppo che sia veramente unito
e quindi generativo, creativo? La classe è un’aggregazione casuale, a cui manca la coscienza di essere gruppo: ma anche un’aggregazione così fatta ha una sua vita affettiva. Che cosa accade quando un gruppo non viene riconosciuto come tale, quando non ci si prende cura della sua affettività?
Gli stati emotivi scorrono inconsapevoli sotto la superficie di una collettività
dimentica di sé: paure, insicurezze, pregiudizi, ma anche desiderio di essere ascoltati, capiti, accolti, di costruire legami, di credere e impegnarsi in qualcosa di buono …”

                      Daniele Novara, Luigi Regoliosi, I bulli non sanno litigare, BUR 2018

 

 

 

“Mentre nei luoghi di lavoro prevale da tempo un approccio basato
sul modello cooperativo, nelle classi ci si basa ancora su un sistema
individualistico-competitivo: una contrapposizione netta tra lavoro di squadra
e competizione posizionale  capace di portare al disorientamento completo dei giovani che arrivano sul posto di lavoro e trovano un modello del tutto diverso.”


                                                                         Stefano Zamagni  (Economista)